FUNE DI VINCOLO

SI PRECISA CHE QUANTO ESPOSTO NEGLI ARTICOLI NON RAPPRESENTA, E NON PUÒ RAPPRESENTARE, NÈ LE POSIZIONI DELLA SEZIONE DI ROMA NÈ TANTOMENO QUELLE DELL'ASSOCIAZIONE, MA COSTITUISCONO MERAMENTE OPINIONI RIFERIBILI AL SOLO AUTORE.

Una nuova associazione

Etsi mortuus urit


Il ritorno da Bellaria è stato gradevole ancorché lungo. Altri, guidando per me, hanno reso ancora più piacevole e rilassante  la strada del rientro verso Roma.  Deciso di non cedere ai subdoli richiami di Morfeo e di utilizzare al meglio questo inaspettato spazio di riposo, ho deciso di tornare  “a caldo”, sui contenuti della relazione morale del Presidente, ripercorrerne i passi salienti, rivisitare le perplessità esposte su alcune derive morali, cercare di capire se e in quale misura  potessi  condividere le correzioni di rotta e i colpi di barra prospettati  per riprendere alla mano dette derive e, non ultimo, individuare la eventuale esistenza di punti, momenti  di contatto nei quali riconoscere le mie istanze e dai quali attingere per trarre  incoraggiamento per questa mia nuova avventura alla quale mi accingo con la sezione di Roma dell’ANPd’I.

La strada scorre veloce… e sento montare  l’ansia nel dubbio  che il tempo del viaggio già trascorso sia stato lungo mentre io non ho ancora  neanche  aperte e disposte in ordine quelle carte sulle quali voglio tornare a riflettere e che, invece,  già tendono a depositarsi, stratificarsi pigramente nel bagagliaio dei  ricordi, destinate a divenire rapidamente inutili o quanto meno inutilizzabili. Dunque al lavoro!

Le lacune morali e alcuni dei correlati incidenti di percorso, occorsi nel nostro sodalizio sono stati  impietosamente riferiti. Il vaso di Pandora è stato, finalmente, scoperchiato e il nauseante contenuto, simile a dispettosi refoli di vento, ha raggiunto ogni angolo della sala senza risparmiare nessuno, neanche gli immancabili distratti.  Le cause del marciume, è dato capire, corrispondono,  purtroppo in grande misura, a quelle che contribuiscono a far si che spesso si sia portati a dubitare che la società attuale non abbia titolo a considerarsi tale. Se ciò fosse, si dovrebbe mettere in dubbio la reale esistenza e consistenza di quei vincoli morali, da sempre alla base di quel patrimonio spirituale che ci è stato insegnato a riconoscere, prima nelle nostre caserme e poi nella nostra Associazione, quale elemento che  rappresenta  il distinguo, lo spartiacque tra il paracadutista e “gli altri”.

Questo dubbio ha aleggiato minacciosamente e dolorosamente nella sala di Bellaria anche se, proseguendo nella sua esposizione, l’oratore ha lasciato intravedere la esistenza di spazi di manovra per correggere la rotta ed evitare il naufragio. In difetto di una drastica correzione di rotta, però, è ben noto come nessun valore resista all’usura  dell’abbandono, dell’incuria e peggio della trasgressione. Il  pericolo, il rischio che l’involuzione di costumi denunciata possa portare alla disgregazione e al progressivo oblio di tale patrimonio, è pertanto concreto. Un punto di non ritorno pericolosamente simile perché spesso osservato nella vita di tutti i giorni,  in quelle famiglie  le cui solide e antiche tradizioni vengono progressivamente derogate: dapprima semplicemente trascurate, poi considerate superate e desuete e infine irrise come inutili o, peggio, dannose e contrarie alla evoluzione ed alla emancipazione della società. La stessa domanda che investe le basi di tutto il mondo, mina i nostri costumi, la nostra cultura, il nostro patrimonio morale.

La strada scorre… il tempo incalza e con esso l’ansia di non poter completare la mia riflessione che però riprende immediata.  Più volte i paracadutisti hanno affrontato con impavida serenità, combattimenti senza speranza di vittoria. Le sconfitte sul campo e il sangue dei caduti, non hanno mai contribuito a far segnare il passo ma hanno sempre fornito la forza per continuare sulla strada della ricerca di altre vittorie più nobili e durature. Una Fenice che senza sosta ha tratto, nella nostra storia, nuova vita, nuova linfa proprio dalle avversità.  Adusi a trovare nuova forza là dove gli altri debbono sentirsi sconfitti, affrontiamo a modo nostro quello che in definitiva può essere considerato, per i nostri mezzi, nulla più di un modesto ostacolo.

E’ necessario smuovere le ceneri accumulate, ravvivare la fiamma. Bisogna radunare, accanto alle forze sane, tutti i delusi, gli isolati. Essi sono molti, sorpresi negativamente dall’attecchimento nel tessuto associativo di quel carattere medioevale che mostra i suo volto nella  prevalente rilevanza data al gruppo  a cui l’individuo è obbligato a collegarsi. Bisogna avere il coraggio di rinunciare al mito del numero: non è necessario essere comunque numerosi.

Non dobbiamo costituire un partito ma restaurare, restituire al ruolo di élite, la figura del Paracadutista. Una lotta paziente ma sistematica che respinga all’esterno dell’Associazione, personaggi  e atteggiamenti favorevoli a logiche materialistiche e speculative. Il fine di ogni nostra attività sia la Civiltà. E questa non può e non deve confondersi all’odioso desiderio che, nella fretta dell’ottenere, dell’arrivare non si sa bene dove, indebolisce, sino a distruggere quelle discipline che sono indispensabili a conservare l’Uomo. In difetto di ciò, ogni sforzo dell’Uomo sarà spento e ogni tentativo di recupero di qualsivoglia benessere morale vanificato.

Con la coda dell’occhio, ho intravisto qualche cartello con l’indicazione “Roma”. Ma il percorso residuo è ancora tale da consentirmi  di tornare ai miei pensieri e completare le mie riflessioni.

Una resurrezione all’insegna di una polemica eterna, fatta per proteggere i veri valori dell’Uomo, non può non muovere da una base di solidi valori morali, nell’ambito dei costumi e delle tradizioni che ci sono propri. Si deve metter mano a una reintegrazione intellettuale, morale, fisica. Non una rivoluzione o restaurazione ma qualche cosa di assai più profondo. Una Rinascenza, attraverso un’opera capace di rinnovare pezzo per pezzo le fondamenta dello Spirito, recuperare la dialettica dei valori umani fondamentale della  Nostra Specialità, riscoprire, intero, l’orgoglio di essere Paracadutista.

Comandante, se questa è la zona di lancio e, ancor più, se laggiù ci sarà da combattere, vai  sicuro alla porta, saremo in molti a saltare dietro di te.

Folgore!

Adriano Tocchi

A.N.P.d'I. sez. di Roma

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Tel.: (+39) 06 47.45.811
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