FUNE DI VINCOLO

SI PRECISA CHE QUANTO ESPOSTO NEGLI ARTICOLI NON RAPPRESENTA, E NON PUÒ RAPPRESENTARE, NÈ LE POSIZIONI DELLA SEZIONE DI ROMA NÈ TANTOMENO QUELLE DELL'ASSOCIAZIONE, MA COSTITUISCONO MERAMENTE OPINIONI RIFERIBILI AL SOLO AUTORE.

Vita alla Fiaccola

La giornata non promette niente di buono: nuvole nere si inseguono nel cielo. Ho appuntamento alle 7.30 con Annarita, la mamma di David Tobini. Quando arrivo, è già lì che aspetta con il  consueto sorriso. Carichiamo il suo sacco in macchina e via verso Tarquinia: le nuvole hanno completato con successo la loro gara, si sono raggiunte e saldate, rendendo il cielo denso, nero e basso, che sembra quasi di poterlo toccare. C’è traffico ed esiste concreto il rischio di fare tardi all’appuntamento. Comincia a piovere.

Lasciamo l’Aurelia e ci inerpichiamo verso Tarquinia, avvolta in una cortina di nuvole che sottraggono alla vista le sue turrite mura. I cipressi del vialetto che conduce al cimitero grondano acqua e sembrano quasi chiedere scusa per questa grigia accoglienza. Smentendo le pessimistiche previsioni, riusciamo ad anticipare l’arrivo delle autorità civili e militari.

La cerimonia ha inizio e si svolge snella, essenziale nel ricordo dei caduti di ieri e nel simbolico abbraccio con i caduti del nostro tempo, quelli della Somalia, dell’Irak, dell’Afghanistan, tutti presenti in spirito e rappresentati dalla mamma di David che, con poche parole rotte dall’emozione, ricorda il sacrificio dei “ragazzi” di oggi troppo spesso e troppo rapidamente dimenticato.

La fiaccola viene accesa e Annarita, volgendosi verso di me, mi affida il sacro simbolo della nostra continuità, due grosse lacrime rigano le mie guance mentre, commosso, scorgo il profilo del suo volto  ondeggiante nello sfavillio delle fiamma. Mi giro di scatto verso il sacello per sottrarre le lacrime agli sguardi dei presenti e mescolare le carte, mentre tendo la fiaccola verso il sacello mi rendo conto che le lacrime non si arrestano. Non rimane che la fuga.  E’ così che, con un sorriso mimetico e impostore, ha inizio  il mio scatto liberatorio e con esso la XII edizione della Staffetta degli Ideali. I cipressi del vialetto, pur continuando a grondare acqua, mi appaiono ora più concilianti,  quasi complici. La pioggia battente mi riporta rapidamente alla realtà e gli occhi non bruciano più. Sedata l’emotività, riesco a fare il punto della mia situazione e comprendo che forse la cadenza “di fuga” è stata un po’  eccessiva  rispetto ai miei mezzi, le gambe però sembrano girare e rispondere all’impulso iniziale. Senonché, alla fine del vialetto   la strada corre in lieve salita. Che fare? Accorciare il passo e aumentare la cadenza? Mi ribello all’idea, non voglio che la vigilessa, ferma al termine del vialetto per bloccare il traffico, possa diventare testimone di un mio cedimento. Non c’è scelta,  continuo con lo stesso passo, incoraggiato da una voce amica, metallica che già da un po’ mi segue e  proprio sopra la mia testa continua a ripetere  “corri, corri, corri…..”. E’ la voce dei rotori dell’Agusta che , grazie ad un rinnovato atto di amicizia e affetto da parte del Colonnello Giusti, anche quest’anno è qui con noi a ricordare i nostri “ragazzi”. La pioggia impietosa continua a cadere e contribuisce a mantenere bassa la temperatura corporea, ma i miei piedi, per le numerose, ineludibili pozzanghere sono ormai a bagnomaria dentro le scarpe. Il falso piano è stato percorso solo per metà e cerco motivi di distrazione per non pensare alla fatica che ancora mi attende. Mi guardo intorno, ma non c’è molto: qualche negoziante incuriosito dietro la sua vetrina, massaie frettolose sotto i loro ombrelli. Anche cani e gatti se ne stanno rintanati. Avverto un vuoto: mi mancano Luigi e la sua fedele macchina fotografica. Alla stazione di servizio, prima che la strada cominci ad avanzare lungo le antiche mura, il benzinaio alza la mano in un cenno di saluto e di partecipazione, solo ora mi rendo conto che la pioggia ha spento la fiaccola. Ancora un breve falsopiano e poi inizia la discesa, alla prima rotonda il fuoristrada dei Vigili Urbani è ancora fermo,  la stessa vigilessa, di nuovo  sotto l’acqua  a mantenere libera la strada, con un sorriso complice mi invita a “tagliare” il percorso senza girare attorno all’aiuola. Accolgo di buon grado l’invito. Poco dopo il fuoristrada mi riaffianca e la vigilessa dal finestrino mi chiede “quando ti danno il cambio?”, mentendo spudoratamente per far apparire eroico il mio impegno, rispondo con un indifferente “non so“ e lei di ritorno mi urla “vai che sei un grande!!”. Un pieno di benzina avio non avrebbe prodotto migliore risultato sui cenni di cedimento del mio motore. Ancora qualche centinaio di metri e il mezzo dei vigili si ferma, mi rendo conto che, a bordo, ben tre vigilesse avevano preceduto la mia corsa.  Ora tutte e tre incuranti della pioggia sono scese e al margine della strada applaudiscono lanciando grida di incoraggiamento. Grazie ragazze! L’Aurelia è ormai a un tiro di schioppo e la scorta dei carabinieri che mi ha seguito silenziosa, mi  oltrepassa e va ad occupare la mezzeria nella quale sto per immettermi. Quando raggiungo l’Aurelia, dal mezzo dei carabinieri si leva poderoso un grido “Folgore!!”, gli occhi riprendono a bruciarmi e, di colpo, avverto che le riserve di adrenalina  sono  prossime ad esaurirsi  e che il passo non è più un granché. Raschiando il fondo del barile, ritrovo nella memoria, per darmi coraggio, un antico monito “Melior claudus in via quam cursor extra viam “ e  poi, di rinforzo,  il pensiero di Fabio e dei ragazzi che, a pochi metri, mi aspettano, pieni di entusiasmo, per darmi  il cambio, diviene imperativo categorico per arrivare con il sorriso sulle labbra. E così è stato.

Grazie ragazzi, grazie di essere esistiti, grazie per averci indicato con forza una via talvolta scomoda, ma sempre sicura, una via che non conosce nè consente scorciatoie e compromessi. Noi vi ricordiamo e vi onoriamo.

Il nostro modesto sacrificio di oggi valga quale sincero contributo a mantenere viva quella fiaccola che voi accendeste con il vostro grande sacrificio di ieri.

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