FUNE DI VINCOLO

SI PRECISA CHE QUANTO ESPOSTO NEGLI ARTICOLI NON RAPPRESENTA, E NON PUÒ RAPPRESENTARE, NÈ LE POSIZIONI DELLA SEZIONE DI ROMA NÈ TANTOMENO QUELLE DELL'ASSOCIAZIONE, MA COSTITUISCONO MERAMENTE OPINIONI RIFERIBILI AL SOLO AUTORE.

La staffetta degli ideali

Il cielo è ancora buio, ma una sottile striscia di luna e il brulichio delle stelle sembrano annunciare  una giornata chiara e luminosa. Nella piazzola del distributore, ancora deserta, ombre scure si muovono svelte da un mezzo all’altro spostando voluminosi zaini. Nell’oscurità la lampadina frontale di Fabio è unico punto di riferimento per tutti.
Alle sei e trenta l’appello: tutti presenti. Si parte alla volta di Tarquinia.

Il piccolo cimitero in cima alla cittadina etrusca ci attende in silenzio, l’aria di un freddo pungente ha quasi il sapore dell’inverno. I preparativi vengono completati, le frazioni attribuite. Siamo pronti. L’esiguo spazio antistante il cimitero si anima progressivamente: paracadutisti, cittadini, rappresentanti di altre associazioni d’arma, il comandante della locale stazione di carabinieri, quello della tenenza della Guardia di Finanza, il comandante del ROAN della Guardia di Finanza, il sindaco della cittadina.

C’è anche Raul, la leggendaria medaglia d’argento di El Alamein, c’è anche la vedova di Colombo, uno degli istruttori della scuola di Tarquinia. La breve ma intensa cerimonia  si svolge di fronte alla piccola cappella che ricorda i caduti sul campo di lancio di Tarquinia. Il presidente della sezione ANPdi di Tarquinia li ricorda, esprimendo, a nome di tutti, sentita gratitudine per il contributo offerto alla crescita del paracadutismo italiano; tutti insieme li stringiamo in un unico ideale, commosso abbraccio. Il sindaco accende la fiaccola e la passa a Raul Di Gennaro e alla vedova di Colombo che la consegnano, in un clima di grande emozione, al primo tedoforo.

Via di corsa: volgendo le spalle ai presenti e all’emozione, ha inizio alla prima frazione della staffetta, scortata da un mezzo dei carabinieri.  
Il tedoforo non è solo. Accanto a lui corrono i ragazzi caduti sul campo della scuola di Tarquinia. La loro compagnia rende meno gravosi i passi,  più leggero l’incedere, quasi in volo, senza peso il corpo. Un elicottero del ROAN  segue il percorso dall’alto fino a quando il tedoforo sfugge al severo sguardo delle torri di Tarquinia, sostiene con il suo volteggiare la corsa e l’animo  fluttuante tra sogno e realtà. Grazie colonnello Giusti!

La fiaccola raggiunge l’Aurelia e qui avviene il primo dei molti passaggi che la porteranno, sempre con la  scorta di un mezzo dell’Arma, alla caserma Vannucci, attraverso un lungo percorso, dapprima sotto la luce di un limpido sole autunnale, poi sotto la volta di una notte, trapunta di stelle.
Hanno provato ancora a fermarci, ma non avevano fatto i conti con la tenacia e la determinazione degli eredi dei leoni della Folgore. Non importa se al percorso più agevole delle nuova Aurelia si è dovuto sostituire quello ben più impervio della vecchia strada romana. L’imperativo era quello di andare e arrivare. Ben venga se con difficoltà e prove più gravose.

A sottolineare il valore simbolico di questo percorso, il comandante della brigata Folgore partecipa correndo una frazione della staffetta degli ideali, in tenuta da combattimento con bandiera e la scorta di 6 ragazzi del 185. L’ultimo tedoforo raggiunge  la meta  in piena notte.

Si fa giorno: il cielo è sereno, l’aria  mossa da una sottile, pungente tramontana,  le gradinate dello stadio sono colorate di bianco e di verde, i paracadute di ieri e di  oggi. Un brulichio di gente, dapprima timido, diventa torrente che si riversa a gremire gli spalti in ogni loro ordine. I suoni dei nostri inni  scandiscono l’ingresso della brigata, al comando del generale Masiello. Sul tappeto verde del prato fioriscono, come per incanto,  innumeri  fiori amaranto.

Si apre un cancello: quattro tedofori, a passo di corsa, raggiungono il braciere di fronte alle tribune delle autorità: la fiamma si erge alta e vigorosa come la tensione morale che tiene gli animi di tutti i presenti .

Tutti i nostri “Ragazzi”, dal deserto africano di ieri a quello afgano di oggi, sono ricordati in un unico atto di amore.
Il loro sacrificio è nostro patrimonio spirituale. Una fiamma che arderà sempre.

Non saranno mai dimenticati.

 

foto della Festa della Brigata 2011

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