FUNE DI VINCOLO

SI PRECISA CHE QUANTO ESPOSTO NEGLI ARTICOLI NON RAPPRESENTA, E NON PUÒ RAPPRESENTARE, NÈ LE POSIZIONI DELLA SEZIONE DI ROMA NÈ TANTOMENO QUELLE DELL'ASSOCIAZIONE, MA COSTITUISCONO MERAMENTE OPINIONI RIFERIBILI AL SOLO AUTORE.

Uno di loro

Scritto da Adriano Tocchi in occasione della morte del paracadutista volontario Carlo Commini che combattè con il Btg. Nembo sul fronte del litorale laziale.

Carlo, “my brother”, così come era solito chiamarmi quando mi abbracciava, se ne è andato lasciando nella mia vita un grande vuoto: il vuoto che può lasciare la perdita di un Amico soprattutto per chi di amicizie ne coltiva poche. Il mio ricordo di Carlo voglio tracciarlo ripercorrendo per l’ultima volta “con lui” il tema che ha più volte rappresentato l’argomento di lunghe discussioni, sulla terrazza della sua casa di S. Maria Navarrese, davanti al caminetto nella mia casa in Abruzzo e comunque ogni volta che ho avuto la fortuna di essere solo con lui. La strada è dura. Talvolta il respiro diventa corto, sono momenti in cui vorresti gettare quel sacco il cui peso pare divenuto insopportabile. Ti senti preso dalla nostalgia per quel sentiero piatto, senza asperità, laggiù lungo gli argini di un fiume le cui acque sembrano al ricordo, dormienti.

Vorresti pensare più a nulla, cancellare dal pensiero il ricordo degli  uomini. Basta con la stanchezza! Non lasceremo cadere il sacco e il bastone, non presteremo ascolto al clamore degli odi né attenzione agli occhi che sorridono delle malvagità che nascondono.

E’ in alto che deve essere volto lo sguardo. Abbiamo pensato di poter trovare gioie immediate nel salire il pendio, spesso, invece abbiamo sofferto. Tu lo hai imparato prima di me e mi hai insegnato a non attendersi dall’esterno alcuna gioia durevole e a non sperare di incontrare lungo il percorso mani ed occhi soccorrevoli. E ancora prima di me hai pensato, senza mai farlo: io ridiscendo. Da quelle tue esperienze ho imparato che è allora che la vita diventa nobile, quando dobbiamo contare unicamente su noi stessi per portarla avanti.

Dove trovare la forza per continuare? Ti ho chiesto più volte. Nella malvagità e nella ingiustizia di coloro che ti hanno disgustato cento volte, là devi trovare aiuto. Anche se le malvagità sembrano doverti opprimere, se ti sembra di subire un crollo all’apice dello sforzo e pare che anche i gesti di amore siano ricoperti di odio…? Tante volte ho conosciuto questi ultimi metri, allorchè sorridente sulla soglia dell’obiettivo sono invece rotolato contro gli scogli, tradito dai miei amici e sopraffatto da altri. E tutte le volte, essendo tutto da rifare, ho ripreso il cammino.

Carlo, ma tu hai sofferto l’asprezza dei combattimenti e non ti sei mai chiesto se il prezzo di quella vittoria che sognavi non fosse troppo alto? Sì ma solo quando il piacere di raggiungere l’alto si identificava con il piacere umano, con l’orgoglio del successo personale. Quando la vita ti avrà preso a schiaffi cento volte capirai che esistono altri piaceri oltre all’orgoglio, ai sorrisi, alla gloria. Imparerai a spogliarti dell’umano. Ma quando gli sciacalli della vita si precipitano su di te…? Lasciali schernire i tuoi sogni, lascia che aprano il tuo cuore a tutti i venti!

Hai compreso? Forse domani ti troverai davanti ad effusioni che fronteggerai senza debolezze e, a forza di soffrire, ne potrai godere appieno avendo imparato a rimanerne senza. Ma non è per loro che siamo in marcia: è l’aria, è la luce della vetta il nostro obiettivo. Mi sembra di respirare meglio… - Certo, e vedrai come coglierai con dolcezza la gioia, le grandi nevi della coscienza, brillanti e immacolate, senza orme. Non ti distrarre, concentrati su di loro, sforzati di raggiungerle: leggero, puro, illuminato di sole, come le immagini. Quando raggiungerai questa pura immensità, dietro di te sentirai un gran silenzio.

Coloro che ti ululavano contro, che ti odiavano malgrado i sorrisi del loro volto e che ti seguivano allo scopo di colpirti, avranno anch’essi raggiunto quelle nevi. In tal modo il loro spirito si sarà innalzato a vertici altrimenti irraggiungibili, se la tua schiena, che riceveva le loro percosse, non avesse nascosto ai loro occhi la durezza del cammino. E’ allora che si coglie la “nostra” vittoria e poco conta se, compiuto l’ultimo sforzo, si cadrà, le braccia in croce, dalla vetta della montagna. Essere ucciso dall’ultimo sforzo non avrà più alcuna importanza se gli “altri” saranno là sul ciglio dell’immensità pura della “nostra” vittoria.

E’ il momento di cantare di far risuonare il nostro canto nelle valli! Rimpianti e lacrime…? E’ la parte più mediocre di te, quella che avrai appena respinto! Il più duro è superato. Resisti. Stringi i denti. Fa tacere il cuore. Non pensare che alla vetta! Sali!

Ciao Carlo, grazie di tutto, ma soprattutto grazie per essermi stato amico.

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